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La Vacanza del Destino [2. L’Oceano, il commissariato e la “Roburent”]

2 novembre 2009 1 commento

La spiaggia di Angra

La spiaggetta di Angra do Heroismo

Scendiamo al ristorante dell’hotel e, uscendo sulla terrazza, ci rendiamo subito conto che gli schiamazzi e le risate strabordati dalla nostra stanza hanno avuto un certo pubblico. Ma la nostra preoccupazione maggiore, approcciando la prima cena a Terceira, era sicuramente un’altra: evitare il replay del pranzo a Lisbona.

Questo obiettivo lo raggiungiamo grazie ai due vocabolari tascabili portoghese-italiano acquistati in aeroporto e all’aiuto del “Mega Obrigado”, un curioso cameriere del ristorante Beira Mar. L’abbondante e squisita mangiata di pesce che ne scaturisce non solo ci riconcilia con il cibo, ma ci rassicura anche sul futuro prossimo dei nostri intestini.

Il giorno seguente ci svegliamo di buon’ora e la prima cosa che facciamo è uscire sul balcone per goderci la quiete mattutina della baia di Angra do Heroismo. Dopodichè, ci abbattiamo come un uragano sulla generosa colazione a buffet nella terrazza del ristorante e scendiamo in spiaggia. Il sole è potente, ma le nuvole passeggere che lo nascondono a intervalli quasi costanti sembrano un servizio offerto apposta ai bagnanti.

Corteggiamo a lungo le acque fredde dell’Oceano e le nostre esitazioni ci portano a visitare anche una piccola scogliera. Poi mi decido: “Sei venuto in mezzo all’Oceano e ora che ci sei dentro non ce la fai a immergerti oltre le ginocchia?”

Una volta dentro quella ghiacciaia, le mie tempie sembrano voler invadere lo spazio che Madre Natura ha riservato al cervello, mentre i polmoni si dimenticano della loro funzione e il cuore esagera un pò con la sua attività. Appena riemergo, Dario e Sandro mi guardano come se fossi sopravvissuto a un bombardamento nucleare, ma il fatto che riesca ancora a parlare li convince a seguirmi.

Per la verità, dopo un paio di minuti ho la sensazione di stare da dio, nuoto e scruto il fondale come se nulla fosse e mi stupisco per le dimensioni extra-large delle triglie oceaniche. Ma effettivamente le mie mani sembrano sotto anestesia e, nonostante si continuino a sparare cazzate, mi pare evidente che anche Dario e Sandro osservano la spiaggia come fosse un miraggio.

Non facciamo in tempo a scaldarci, che il sangue ci si gela nuovamente nelle vene: “Ragazzi, non trovo più il mio marsupio”. Dario ha appena subìto il primo (e per fortuna anche l’ultimo) furto della vacanza.

Rivolgendo una serie variegata di insulti a quel bastardo di Murphy, ci dirigiamo verso il commissariato di Angra, dove ci accoglie un solo, annoiatissimo, agente.

Essendo ben consci di come funzionano queste cose in Italia, entriamo senza grosse convinzioni, ma spinti dalla necessità di recuperare almeno la sua carta d’identità: “Va beh, mal che vada sei costretto a restare qua, potrebbe essere un segno del destino”.

L’atteggiamento dell’agente ci coglie di sorpresa e restiamo ancora più stupiti quando arriva anche un secondo poliziotto: il primo lo chiama, gli spiega l’accaduto e lui prende con decisione la via dell’uscita. Prima, però, rassicura me e Sandro con una pacca sulla spalla e quattro parole convinte, che traduciamo con: “Tranquilli, lo troviamo subito”.

L’altro, tornato a essere solitario, registra la denuncia con puntigliosità, salvo distrarsi ogni tanto per seguire una telenovela in tv: sarà per questo motivo che stava per catalogare Dario come cittadino israeliano.

Dopo quasi un’ora, usciamo dal commissariato fiduciosi grazie alla determinazione che ci hanno mostrato gli agenti. Nel caso non si dovesse trovare più nemmeno la carta d’identità, Dario è stato fornito di “Declaração”, che gli servirà in aeroporto come documento sostitutivo. Tuttavia, lui la considera “un pò come carta igenão” e quindi ci auguriamo fortemente che non debba averne bisogno.

Il sole cocente del primo pomeriggio azzorriano ci consiglia di tornare in albergo per un riposino, ma appena varchiamo la soglia del Beira Mar comprendiamo con quanta decisione Sorella Tranquillità ci abbia voltato le spalle. Per spiegare questo, però, è necessario tornare a un mese prima della partenza, quando, nello stesso giorno, sia io sia Dario sia Sandro (come mai esattamente e proprio noi tre è ancora un mistero) accettiamo su Facebook l’amicizia di un donnone portoghese sulla quarantina. La accettiamo proprio perchè lusitana, e dunque potrebbe darci informazioni preziose sulle Azzorre, delle quali poco si trova sul web.

Durante la prima chattata, scopro che è proprio di Terceira e l’idea che stiamo organizzando la vacanza del destino non me la toglie più nessuno dalla testa. Dopo qualche post ci offre addirittura ospitalità a casa sua per la nostra ultima settimana laggiù (in quella precedente è via per lavoro) e si attiva subito per trovarci un’accomodation per i primi giorni.

Stordito dalla pazzesca casualità di quell’incontro e dall’estrema disponibilità di quella “donna”, non faccio troppo caso alla rapidità della sua ospitalità, arrivata dopo nemmeno dieci minuti di conoscenza. Che sia una tipa strana se n’è accorto anche Dario, ma per il momento ci scherziamo su, immaginando il nostro risveglio dopo la prima notte a casa della Roburent*: dolori addominali e una vistosa cicatrice all’altezza dei reni.

Nelle successive chattate, aumentano le strane impressioni che mi suscita, ma la sua gentile generosità è altrettanto grande, visto che mi spedisce per posta una fantastica guida sulle Azzorre e mi faxa tutti gli orari dei traghetti che collegano le nove isole dell’arcipelago. Oltre, naturalmente, ad avermi procurato riferimenti e tariffe dell’Hotel Beira Mar.

Qualche giorno prima della partenza, Dario inizia ad avvertirmi che non ha nessuna intenzione di incontrare la Roburent e me lo ribadisce con scherzosa caparbietà per buona parte del volo Milano-Lisbona. Soprattutto dopo che sulla mappa di Angra do Heroismo trova delle indicazioni fatte a penna dalla Roburent: l’Hotel Beira Mar e casa sua.

Torniamo adesso nella hall dell’albergo, dove la ragazza della reception ci accoglie con un sorriso a metà tra il divertito e il sarcastico: “There is a message for you”. E’ Dario che prende il biglietto, vede intestazione e firma e me lo passa. “Hi Vito, hope everything is fine. What is up with the police? Call me?” Con tanto di numero di telefono.

Avevamo sperato che i nostri timori di trovarcela attaccata come una cozza fin dal nostro arrivo fossero soltanto pessimismo. Invece era puro realismo: era venuta in albergo a trovarci. A questo punto leggiamo il furto del marsupio come un segno di estrema benevolenza da parte del destino, che deviandoci in commissariato ci aveva salvato dal “servizio in camera” della Roburent.

Adesso, però, mi trovo tra due fuochi. E’ innegabile che lei è stata molto gentile durante la preparazione del viaggio, quindi mi pare quasi doveroso offrirle un aperitivo. D’altro canto, però, è altrettanto innegabile la tesi di Dario, che piuttosto di incontrarla cambierebbe isola l’indomani mattina stesso: “E’ stata gentilissima, per carità, però sta qua è troppo strana: ci ha invitati immediatamente a casa sua, ci ha fatto un pressing costante per tutto il tempo prima della partenza… Io mi voglio godere la vacanza senza interferenze di alcun genere e questa non ce la togliamo più di dosso. E poi va beh, non andiamo oltre…”

E Sandro? Mentre si ammazza dalle risate confrontando la mia indecisione con la fermezza quasi disperata di Dario, mi fa capire che anche lui eviterebbe volentieri di incontrare il donnone.

La situazione mi innervosisce non poco, perchè questa intromissione rischia seriamente di rovinarci la permanenza a Terceira. In un primo momento decido di mandarle solo un messaggio, poi Dario e Sandro mi convincono a chiamarla, per chiudere la questione in tutta sicurezza. A dispetto delle sembianze fisiche, la Roburent ha una voce molto gradevole, ma quando inizio a rifiutare, seppur gentilmente, di incontrarla, cambia progressivamente tono, fino ad arrivare ad un “I wanna meet you, guys!”, pronunciato quasi con disperazione. Per chiudere ogni saracinesca, le dico che siamo molto stanchi e che di lì a poco andremo a dormire, visto che l’indomani mattina presto partiremo per l’isola di Pico, dove resteremo fino a non sappiamo quando.

Naturalmente, l’indomani non andremo da nessuna parte, dato che abbiamo deciso di prenotare un’ulteriore notte al Beira Mar e non abbiamo ancora un’idea precisa di quanto resteremo a Terceira.

*La donna ha un nome molto lungo e così, per scherzosa assonanza, le attribuiamo da subito questo soprannome. Per chi legge da fuori Cuneo, i Roburent sono dei laghi di montagna situati nelle Alpi cuneesi.

La Vacanza del Destino [1. Lanciati da un mouse]

12 ottobre 2009 3 commenti

Planisfero

Se ti ritrovi una domenica pomeriggio con due amici, un computer e un planisfero digitale per programmare le vacanze estive, ti può anche capitare di lanciare a casaccio il mouse per decidere la meta. Può capitare. E a noi, naturalmente, è capitato.

Al primo tentativo, il fato voleva spedirci in Afghanistan, ma avendo noi programmi diversi da una “missione di pace in un Paese in guerra”, abbiamo deciso per il secondo lancio: la freccina del mouse ha indicato una serie di puntini poco visibili in mezzo all’Oceano Atlantico, che rappresentano l’ Arcipelago delle Azzorre.

Fino a quel momento, la Namibia aveva prevalso nelle nostre discussioni, fatte di safari autonomi a bordo di un Land Rover da affittare laggiù. Ma la guida Lonely Planet, quel pomeriggio, ci aveva giustamente fatto notare che in Namibia, a luglio, è inverno. Allora, dopo alcune peregrinazioni tra i Paesi più sconsigliati dell’Africa, i primi accenni alle Azzorre e una panoramica del Costa Rica, si era deciso: lasciamo fare al mouse.

Il pomeriggio seguente prenotiamo un aereo con scalo a Lisbona e iniziamo concretamente a sognare: per la prima volta in 150 anni della mia storia ho saputo con ben tre mesi di anticipo dove sarei andato in vacanza.

E tre mesi esatti sono trascorsi da quel fantastico e interminabile 11 luglio 2009, il giorno della partenza, ovvero un tutt’uno col giorno precedente, visto che nella casetta milanese di Dario i nostri timidi approcci a Morfeo, durati appena tre ore (per fortuna del padrone di casa, generosamente adagiatosi per terra) sono stati quasi del tutto respinti: sveglia, per modo di dire, alle 3.30, caricamento bagagli e partenza alla volta di Linate, nel cui parcheggio arriviamo alle 4 in punto.

Guadagniamo un’ora di fuso orario e alle 8.30 atterriamo a Lisbona, con già troppo da raccontare e un risentimento muscolare all’addome d’indubbia provenienza. L’attesa di otto ore nella capitale portoghese si trasforma in un comodo giro tra le vie del centro, dove facciamo conoscenza col peggior nutrimento degli ultimi 450 anni della nostra storia (150 anni in tre): l’açorcas de gambas, una pappina ampiamente condita con quello che presto scopriremo essere il disinfettante ufficiale del Portogallo, Azzorre comprese.

Dopo aver incenerito con un provvidenziale J&B quel tentato omicidio e la seguente ripugnante macedonia, prendiamo il volo sull’Oceano, guadagnamo un’altra ora di fuso orario e alle 16.30 ora locale atterriamo a Terceira, in uno scenario che definirlo scozzese è un eufemismo: nuvole nerissime, pioggia fitta e freddo cane, oltre ai caccia bombardieri della marina militare statunitense, che di scozzese, comunque, hanno davvero poco. E meno male che abbiamo scartato la Namibia per evitare l’inverno…

Dall’hotel fronte Oceano dove trascorreremo le prime tre notti ad Angra do Heroismo, ci avevano avvertito di avere disponibilità solo per camere “without see-view”, ma spinto dall’ottimismo dell’entusiasmo, non dò tempo a Dario di aprire la porta della stanza che sono già sul balcone: una salva sparata dalla nave da guerra ormeggiata a ore 10 saluta la nostra eccitazione per una vista mozzafiato.