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………….crazia.

3 marzo 2011 1 commento

Mi chiedo come possa definirsi una democrazia nella quale la popolazione non può scegliere i propri rappresentanti e dove l’istituto diretto del referendum viene puntualmente sabotato dalla politica.

Non può essere, di fatto, una democrazia rappresentativa e ciò non è compensato da strumenti di democrazia diretta, che anzi vengono subdolamente disinnescati.

E’ dunque una rappresentazione di democrazia, una democrazia puramente formale, prettamente di facciata, stando al significato stretto con cui i greci hanno definito questo ordinamento.

In un Paese in cui la popolazione è perlopiù dormiente la si potrebbe definire dormocrazia. Anche perchè, se tale non fosse, in Italia la situazione sopra tratteggiata non si sarebbe mai potuta verificare, o quantomeno protrarre. E così vado tristemente a constatare quanto sbagliata fosse quella sensazione che, non senza entusiasmo, avevo descritto nel post precedente a questo.

Secondo i canoni della scienza politica, la nostra può banalmente definirsi oligarchia, essendo che una classe minoritaria, quella politica, detiene in maniera esclusiva le redini del governo. Ma l’oligarchia era essenzialmente aristocrazia, il governo dei migliori, perciò noi non siamo nemmeno questo. Ci troviamo nella situazione diametralmente opposta in cui sono i peggiori a governare: il Parlamento è ormai ridotto a un ricovero per porci, porche, fuorilegge e commercianti senza scrupoli, nè tantomeno dignità.

Cacocrazia, dunque. Laddove “caco-” è il prefisso di derivazione greca che indica i peggiori (o, più letteralmente, i cattivi), ma è anche il verbo di derivazione latina che definisce la produzione di escrementi. E gli escrementi, guardacaso, identificano metaforicamente i peggiori.

Resto qui perchè mi è tornata la speranza

30 novembre 2010 2 commenti

A new dawn seems to be rising.

Siamo alla fine. Ormai ne sono convinto. Siamo come un malato in coma che inizia a vedere la luce in fondo al tunnel. Ci stiamo svegliando. Non si avverte più solo assordante torpore, ma sempre più il fervore del vento che sta cambiando. Il coperchio della pentola inizia a traballare, la terra a ribollire, non per distruggere stavolta, ma per ricostruire.

Abbiamo un’evidente tendenza ad addormentarci, a lasciarci andare, nella certezza che qualcuno ci prenderà al volo. E non importa chi lo farà, chi approfitterà del nostro sonno per portarci su derive di sua convenienza o per soddisfare le proprie narcisistiche aspirazioni. Come alla fine del Ventennio, anche se in maniera meno estrema e sotto profili ben diversi, siamo arrivati sul fondo; e ora che ci manca l’aria non possiamo che svegliarci: è istinto di sopravvivenza.

Certo, sarebbe meglio evitare certe profondità, ma abbiamo la tendenza ad addormentarci, a lasciarci andare, nella certezza che qualcuno ci prenderà al volo.

E’ una rinascita culturale quella che sta per avvenire. Si sono oltrepassati troppi limiti, mai come oggi siamo un Paese culturalmente ferito. L’attacco è stato pesante e chirurgico, è avvenuto attraverso un utilizzo massiccio delle armi di distruzione di massa: i mezzi di comunicazione di massa, appunto.

E’ stato portato avanti un progetto di rincoglionimento generale partito da lontano e che oggi non si cura più di esagerare. E’ fuori controllo; e come tutte le cose fuori controllo è destinato a finire nel peggiore dei modi.

Sono stati gli aspetti concreti, economici, a spingere chi può a dire basta. Forse perché si è avvertito che i tagli a cultura e istruzione sono un tassello, nemmeno troppo indiretto, di quel progetto di rincoglionimento generale. Ma un tassello posato oltre il confine dell’esagerazione. Finché le risorse ci sono, seppur limitate, si può provare a reagire; ma se vengono troncate ancora di più, modificando subdolamente anche meccanismi fondamentali per la costruzione e la ricerca della conoscenza, come per l’espressione e la salvaguardia della cultura, allora si sale sui tetti: abbiamo la tendenza ad addormentarci, a lasciarci andare, ma quando ci manca l’aria non possiamo che svegliarci. E’ istinto di sopravvivenza.

Si sale sui tetti proprio come a volerne cercare di più di aria. Di più e più buona. Esattamente come chi arriva dal profondo del mare a corto di ossigeno e irrompe a tutta velocità sulla superficie, fino al bacino, il più in alto possibile. E con la bocca spalancata.

Sui tetti e sui monumenti, per tornare a respirare cultura. L’Età del Becero sta finendo, i colpi di chi continua a calpestarla la cultura, sicuro di poterlo fare ancora, ora provocano reazioni. Ed è confortante vedere che le reazioni arrivano anche dagli studenti, dalle generazioni che credevamo irrimediabilmente compromesse per essere cresciute a pane e reality show. Altro che centri sociali, ormai queste recite da ridicoli imbonitori non attaccano più, nemmeno se vengono messe in scena su You Tube, per sembrare giovanili. Ma forse sta finendo anche l’Età del Sembrare e Basta.

E’ banale, scontato e già ripetutamente detto, ma i crolli di Pompei rappresentano davvero, in maniera inequivocabile, lo stato del Paese. Il suo stato dell’arte, così possiamo dire: “in tutti i sensi”. Pompei sembra essersi fatta portavoce di tutti i monumenti italiani e crollando è come se abbia voluto attirare l’attenzione.

Adesso, credo, stiamo per tornare nelle condizioni di sapergliela prestare attenzione. Un ritorno al buon senso, non a chissà che cosa. A un’identità da sentirsi più propria. Al non dover sempre percepire una connotazione negativa quando si sente la parola “italiano”, specie all’estero. Una volta quell’aggettivo era sinonimo di qualità, adesso possiamo quantomeno sperare di togliergli quell’aura un po’ comica un po’ dispregiativa. Possiamo sperare di tornare a rispettarci e a sentirci più rispettati.

Non dirò più che voglio andare via: resto qui perché mi è tornata la speranza.

Resto qui, perché anche se abbiamo la tendenza ad addormentarci, a lasciarci andare, siamo sempre capaci di risvegliarci.

– x – = +

2 giugno 2010 Lascia un commento

Non permetterti il lusso di perdere tempo a deprimerti, a lamentarti, a inventarti tristezze, a tessere odi e rancori.

Anche mentre ti affliggi o ti volti all’indietro, mentre ti nutri di morte, anche mentre non le dai retta la vita trascorre.

Non permetterti il lusso di perdere tempo a deprimerti, a lamentarti, a inventarti tristezze, a tessere odi e rancori.

Anche in quel frattempo la vita trascorre.

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Il Lapidiario, alla voce “Antichi Romani”

21 Maggio 2010 Lascia un commento

Della più grande potenza globale di tutti i tempi, all'Italia è rimasto soltanto il saluto; e molte, perlopiù trascurate, rovine.

Un Grillo per la destra

30 marzo 2010 1 commento

Fare politica senza mischiarsi con la politica “tradizionale”: questa credevo fosse e dovesse restare la nostra cometa, la nostra essenza, la nostra differenza.

Sono stato anch’io un “grillino”. Uno della prima ora, di quelli che hanno visto nascere i Meetup e ci hanno dedicato tempo libero e passione. Con orgoglio e dedizione. Di quelli che hanno fatto il V-Day 1, l’unico e irripetibile, lontano anni luce dagli odierni e sterili “No Qualsiasi Cosa Day”.

Ero uno di quei “Garibaldini della democrazia” che avevano il sogno di sconfiggere la politica senza fare politica. O meglio, cercando di cambiare prospettiva alla politica, occupandosi concretamente di problemi tangibili nel quotidiano delle nostre realtà locali. Per cambiare le cose dal basso, semplicemente.

Ma in questo abbiamo fallito. Non per mancanza di volontà, tutt’altro, ma per insufficienza di mezzi. Insufficienza di mezzi ed estremo carisma di Beppe, che attirava su di sè, a livello nazionale, tutte le forze dei Meetup, soprattutto di quelli “piccoli” come il nostro. E così le questioni locali sono sempre passate in secondo piano. E anche così hanno iniziato a insinuarsi le prime idee di costituirci in liste civiche per presentarsi alle elezioni: facile soluzione all’insufficienza di mezzi.

Certo, solo entrando nei consigli comunali, provinciali e regionali si può avere la possibilità di “fare qualcosa”. Ma non era quello il nostro ruolo, non era quello il nostro obiettivo. O per lo meno non era il mio, che allora me ne sono progressivamente allontanato. Fare politica senza mischiarsi con la politica “tradizionale”: questa credevo fosse e dovesse restare la nostra cometa, la nostra essenza, la nostra differenza. Noi dovevamo fare il “lavoro sporco” di aprire gli occhi alla gente, renderla cosciente, consapevole, per coinvolgerla nel cambiamento. Perchè la politica cambia solo se è la gente a cambiarla e noi dovevamo contribuire a destare le coscienze e dirigere il cambiamento.

In Beppe vedevo proprio questo: un inimitabile “risvegliatore”, il comico Messìa che avrebbe indossato lo Stivale per dare un calcio al torpore anestetico calato dal berlusconismo e ci avrebbe riconsegnato la possibilità di avere la politica, quella vera.

Forse adesso Beppe si è fatto prendere la mano e ha portato con sè i suoi infaticabili e ammirevoli discepoli, a cui sono ancora affezionato. O forse invece ha scelto la strada giusta, ma ha sbagliato i tempi. Troppo presto, troppo in anticipo, se proprio doveva scendere nell’agone della politica “tradizionale”.

Hai fatto un exploit strepitoso, Beppe, ma che hai concluso? Avrai qualche consigliere, sei entrato là dove si può “fare qualcosa”. Ma con quei numeri che cosa puoi fare? Puoi portare la tua opinione direttamente nelle sedi opportune, certo. Ma la matematica, banalmente, non è un opinione. E’ concretezza, l’unica cosa che servirebbe adesso. Forse se n’è reso conto anche Di Pietro: ci serve la matematica per liberarci da quella che crediamo essere la causa principe dei mali del Paese. Poi potremo parlare di altro, poi potremo “fare qualcosa”. Ora i tuoi numeri ci hanno condannato a cinque anni di Lega, molto peggio della semplice “destra”. Adesso, Beppe, dei tuoi “numeri” non avevamo affatto bisogno.

Insonnia

14 febbraio 2010 Lascia un commento

Assorbire ogni istante di una notte

ascoltandone il respiro nel silenzio

osservandone la forma dentro il buio.

Perchè notte non è sinonimo di sonno.

Perchè notte non è sinonimo di nulla.

Il buio illumina la mente

il silenzio amplifica i pensieri

intorpiditi dal fervere del giorno

accantonati nei cassetti del cervello.

“Buongiorno, notte!”, fa il lumicino della stanza

ridestandosi di colpo

per dar luce a un foglio bianco.

Nero o semplicemente antipatico?

8 gennaio 2010 1 commento

Assolutamente deprecabili e ovviamente ingiustificabili, certo, ma mi piacerebbe capire che cosa c’è di razzista in cori come quelli contenuti in questo video e cantati sistematicamente in molti stadi di Serie A.

“Figlio di puttana” credo sia l’insulto più comune, insieme a “Pezzo di merda”, con cui viene dipinto un qualsiasi giocatore avversario, nero, bianco o giallo che sia, da una qualsiasi tifoseria del pianeta.

Il gettonatissimo “Se saltelli muore Balotelli”, ripugnante, è certamente l’ennesima dimostrazione dell’ignoranza e della superficialità che pervadono non solo gli stadi: con tutta probabilità, sarebbe stato coniato per qualunque altro giocatore avesse fatto rima con “saltelli”, anche se Balotelli si presta particolarmente per banali questioni metriche. E al di là di tutto ciò, esso non possiede alcun contenuto razzista.

Così come ne erano privi i fischi, comunissimi dalla notte dei tempi non solo negli stadi di calcio, che hanno investito l’attaccante dell’Inter mercoledì scorso a Verona mentre usciva dal campo. Fischi partiti già qualche minuto prima, quando Balotelli aveva calciato via il pallone a gioco fermo beccandosi una cercatissima ammonizione. Ecco, forse il reale nodo della questione sta proprio nell’altissimo tasso di antipatia che gli atteggiamenti di “SuperMario” suscitano pressochè unanimemente.

Balotelli non viene fischiato e insultato perchè è nero (anche se di razzisti ne sono indubbiamente piene le curve), ma perchè è urtante, baldanzosamente provocatorio, strafottente, altezzoso, scorretto con pubblico e avversari. Insomma, farebbe venire l’orticaria anche a Gesù Cristo, ammesso che sia davvero esistito.

Fatto sta che dopo l’episodio di Verona si è automaticamente riaperto il cielo scialbo delle solite, facili, ipocrite, gratuite e strumentali polemiche in perfetto stile italico, ovvero tutte populisticamente e mediaticamente puntate all’apparenza, con buona pace dei contenuti reali.

Apparenza che in questo caso si manifesta nell’equazione “Balotelli : Nero = Cori da stadio : Cori razzisti”. Semplice anche per chi come me non ha mai avuto un buon rapporto con la matematica, ma vuota di effettiva sostanza.

Questa automatica “speculequazione” assomiglia, con le naturali differenze del caso, a quella “Israele : Ebrei = Critica a Israele : Antisemitismo”. Chi osa muovere critiche a Israele, che sia un comune cittadino o un movimento come quello per la Pace, si prende dell’antisemita, per non dire di peggio.

Allo stesso modo, chi insulta, per quanto pesantemente, o anche solo fischia Mario Balotelli, viene ormai quasi meccanicamente tacciato di razzismo.

Ecco, io ammetto candidamente di aver dato più di una volta del “bastardo” a Balotelli; e ammetto altrettanto candidamente di avere spesso criticato Israele e le sue politiche. Ma sono tutto tranne che razzista e antisemita.

Il Lapidiario, alla voce “Natale”

26 dicembre 2009 Lascia un commento

Il Natale è un momento di umana fratellanza; ma è anche una delle due essenze di un qualcosa in cui non credo.

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Non deve morire così

14 dicembre 2009 4 commenti

Per fortuna Massimo Tartaglia è uno psicolabile. E per fortuna in mano aveva una statuetta del Duomo di Milano, non una pistola.

Se no avremmo anche dovuto assistere a mirabolanti equiparazioni tra Don Silvio e personaggi di reale spessore, come Itzaac Rabin e John F. Kennedy. “Martiri”, quelli sì, di azioni, ideali e cause non proprio ad personam.

Il primo, quando fu ucciso a Tel Aviv il 4 novembre del ’95, era anch’egli premier e venne assassinato dopo essere intervenuto a una manifestazione di piazza. Stesse circostanze del ferimento di Berlusconi.

A differenza del nostro aspirante imperatore, però, Rabin aveva compiuto un passo che sarebbe rimasto storico nel processo di pace israelo-palestinese, firmando nel ’93 gli Accordi di Oslo insieme a Yasser Arafat, presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese. Per questo ricevette l’anno successivo il Nobel per la Pace e sempre per questo fu ammazzato da un estremista israeliano.

Il Nostro, invece, come solo i suoi non sanno (o meglio, fingono di non sapere) è “sceso in campo” per non finire in galera e, dopo 15 anni di riuscita latitanza pubblica, sta tentando oggi di dare il colpo di reni finale, girando i cannoni direttamente contro le istituzioni repubblicane del Paese, Costituzione in primis.

Dato che se n’è accorto addirittura Casini, possiamo considerare anche quest’ultimo aspetto come un fatto oggettivo, palese e incontrovertibile.

Altrettanto chiare sono le differenze oceaniche con John Fitzgerald Kennedy, vittima il 22 novembre 1963 dell’arcinoto attentato durante una visita ufficiale nella città di Dallas.

Considerato il personaggio che avrebbe cambiato per sempre gli Stati Uniti sotto il profilo della politica sia interna sia estera (un pò come Obama oggi), Kennedy e il suo omicidio sono ancora al centro di dibattiti e indagini storiografiche per stabilire la veridicità delle teorie complottistiche che starebbero alla base della sua morte.

Teorie complottistiche che partono tutte dall’assunto dell’eliminazione di Kennedy come mezzo per impedirgli di portare avanti la sua svolta democratica, pacifista e umanitaria.

Tuttavia, resta ancora un personaggio a cui sicuramente il popolo di Silvio avrà pensato. E a cui quelle due o tre testate giornalistiche o trasmissioni TV non ancora in mano ai comunisti si affretteranno, forse, (il destino ce ne scampi) ad associarlo: Papa Wojtyla.

Giovanni Paolo II, infatti, benchè colpito dai proiettili di Alì Agca, killer di professione, si salvò.

Stessa sorte toccata all’Improcessabile, quindi, pur essendo un tantino diversa la portata dell’attentato*. E meno male.

Per fortuna Massimo Tartaglia è uno psicolabile, dunque. E per fortuna in mano aveva una statuetta del Duomo di Milano, non una pistola.

Che cosa avrebbero dovuto vedere, altrimenti, i nostri occhi? E cosa udire le nostre orecchie?

E soprattutto: che cosa avrebbero dovuto ancora sopportare i nostri fegati?

*Oltrechè del personaggio, ma questo, naturalmente, è opinabile…