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Avanguardie, motori della storia

“L’avanguardia è sempre violenza. Altrimenti non potrebbe sorpassare e distruggere il resto” – Franco Battiato

Spesso piace fraintenderlo Battiato. Gli si dà dell’ “icona di destra” o del pensatore nascostamente di sinistra, del reazionario o del rivoluzionario, a seconda dei venti che tirano. A non volerlo fraintendere, ma ascoltare, però, si traggono degli spunti dai rilievi oggettivi nella lettura della storia. Di come questa, ad esempio, presenti ciclicamente periodi di apparente stabilità, caratterizzati da dominanti culturali, sociali, politiche ed economiche che mano a mano declinano fino ad arrivare al punto di rottura, alle rivoluzioni, che pongono fine alle dominanti precedenti per instaurarne di nuove.

E una rivoluzione altro non è che un’avanguardia (culturale, politica, sociale, economica) che esprime se stessa nel momento ultimo della rottura col precedente status quo. Una rottura che non può non essere violenta, perchè per superare la fase precedente deve sradicarne gli elementi cardine. Nel momento in cui, attraverso una rivoluzione, l’avanguardia sovverte l’ordine preesistente, essa cessa di essere tale e si configura come la nuova entità (culturale, politica, sociale, economica) dominante, che sottende, regge e regola una determinata collettività in un dato periodo. Ciò significa che questa collettività si esprimerà secondo i princìpi (culturali, politici, sociali, economici) che caratterizzavano l’avanguardia da cui è scaturita.

All’interno di essa, a loro volta, si svilupperanno nuove avanguardie, la preponderante tra le quali porterà a una nuova rivoluzione, attraverso cui si costituirà come nuova dominante.

Per violenza non deve per forza intendersi quella fisica, dei tumulti sociali e delle guerre civili, che hanno caratterizzato rivoluzioni come quella Francese. Può anche trattarsi di una violenza “non violenta”, nel senso di non sanguinosa; ma sempre violenza rimane, perchè è distruzione, eliminazione sostanziale di una situazione collettiva precedente per l’instaurazione di una nuova, pur se non sempre più evoluta.

Oggi stiamo percorrendo la parte più ripida del lato discendente del ciclo, quella che accompagna a gran velocità verso il punto di rottura. La forte decadenza culturale, il conseguente declino sociale, l’involuzione politica e la crisi economica nei quali ci troviamo sono sintomi inequivocabili di quella che non si può più dipingere come “tendenza”. Il turbine che sta portando a una nuova rivoluzione è irrimediabilmente innescato, le avanguardie che si nascondono nell’insofferenza di parti sempre meno esigue della società si stanno preparando ad emergere con prepotentenza.

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